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Tarquinia

Città antica, città nuova

A chi, lasciatasi alle spalle Civitavecchia, percorre da Roma l’autostrada A12, Tarquinia è annunciata da un cambio di luce — la quale si fa improvvisamente morbida, dorata, quasi magica — e da un ampliarsi d’orizzonte che in unico sguardo congiunge il mare, la campagna e i colli circostanti, anch’essi senza alcuna asprezza. Solo dopo appare la città con le sue mura medievali, i suoi campanili e le sue torri d’avvistamento, morbidamente arroccata su un costone a 133 m. di altitudine, e a circa 4 Km. dal mare.

Il territorio di Tarquinia, reso fertile dalle acque dei fiumi Marta e Mignone e da quelle del torrente Arrone, è stato a lungo considerato il granaio di Roma. E ancora oggi i suoi prodotti agricoli (vino, olio, granaglie, ortaggi, carni) prendono la via della capitale affacciandosi anche su mercati più vasti.

La città, che oggi conta poco più di 16.000 abitanti, ha alle spalle una storia millenaria.

Fondata dal mitico eroe Tarconte, è stata una delle dodici principali città etrusche ed ha dato a Roma tre re, segno della sua grande influenza sulla nascente potenza latina. Conquistata in seguito dai Romani, fu dotata da Traiano di un porto destinato a essere il più importante dell’Etruria Meridionale. Esso si trovava all’incirca dove fino a poco tempo fa c’erano le saline e ora c’è una suggestiva riserva naturale; dunque poco più in là del Porto Clementino (voluto da Clemente XII nel 1738) e dei resti della colonia romana di Gravisca (181 a.C.), insistente su un insediamento prima fenicio, forse, e poi etrusco.

La città odierna sorse agli albori del primo millennio, sul colle di fronte alla città etrusca (detta “Civita” e oggetto di scavi che la stanno riportando alla luce forse troppo lentamente) e sembra che per qualche tempo i due agglomerati convissero.

Il nuovo abitato si raggruppò attorno alla rocca di Corgnetum (ora Santa Maria in Castello). Assunse perciò il nome di Corneto, poi di Corneto-Tarquinia, infine di Tarquinia (1922).

Fu un libero comune fino al 1355 quando fu annesso allo Stato Pontificio dal cardinale Egidio di Albornoz, e da allora ne fece sempre parte.

A causa di guerre, carestie e della malaria che nei secoli passati affliggeva gran parte della costa tirrenica, nel corso dei secoli la popolazione di Corneto fu parzialmente rimpiazzata da albanesi, sardi, corsi, marchigiani che via via si appropriarono delle sue tradizioni fino a considerarsene parte integrante e depositari.

Dal 2004 le necropoli di Cerveteri e Tarquinia sono state dichiarate dall’Unesco Patrimonio Mondiale dell’Umanità; ma le tombe di Tarquinia si distinguono per i loro magnifici affreschi, unico esempio di pittura funeraria etrusca e, secondo l’Unesco, “primo capitolo della storia della pittura italiana”.

I principali monumenti cittadini, quasi tutti racchiusi nell’antica cerchia di mura medievali, recano tracce di influssi longobardi, arabi e bizantini, a testimonianza una volta ancora del singolare mix culturale che ha caratterizzato la storia del territorio. Su tutti questi monumenti spicca il magnifico palazzo Vitelleschi (oggi sede del Museo Nazionale Etrusco) voluto nel 1436 da Giovanni Vitelleschi, cardinale e condottiero nato a Tarquinia nel 1390 circa e morto a Roma, nelle prigioni di Castel Sant’Angelo, nel 1440.

Vitelleschi fu soldato più che religioso. Combatté e sconfisse i baroni romani i quali si opponevano a che, terminato l’esilio avignonese, il papato riprendesse il controllo dei propri territori; ma la fortuna militare e il prestigio personale gli procurarono tante gelosie che finì per morire, come si è detto, in una cella.

Un altro personaggio di rilievo nato a Tarquinia, anzi Corneto, è il cardinale Adriano Castellesi (1461 – 1525 circa), poeta in lingua latina, ambasciatore, amico di re (Enrico VII d’Inghilterra) e di imperatori (Massimiliano I d’Asburgo) nonché braccio destro di papa Alessandro Borgia e di suo figlio Cesare. Durante una carriera rapida e inarrestabile, Castellesi divenne ricchissimo e si fece costruire un magnifico palazzo (oggi Torlonia, in via della Conciliazione a Roma) dove non riuscì a dormire neppure una notte. Fu prima accusato ingiustamente di avere avvelenato il papa avvelenatore per eccellenza (Borgia), poi, altrettanto ingiustamente, di avere partecipato a una congiura per assassinare Leone X de’ Medici. Infine fu perseguitato fino all’annientamento dall’ambizioso primo ministro di Enrico VIII Tudor, il cardinale Thomas Wolsey che era avido delle sue ricchezze.

Nel ‘900 tarquiniese spicca la figura del poeta Vincenzo Cardarelli (1887 – 1959), un autodidatta nato da famiglia di origini marchigiane che lasciò da ragazzo Tarquinia per recarsi a Roma dove contribuì ad animare la vita artistica e letteraria del tempo legandosi a personalità come Soffici, Papini, Ungaretti, Morandi.

A riprova della sua vocazione ad affacciarsi su più ampi orizzonti, Tarquinia è gemellata con la cittadina cubana di Jaruco  e con quella maltese di Rabat.

Oggi la sua economia si basa principalmente su agricoltura, allevamento, turismo estivo e artigianato legato soprattutto alla lavorazione della terracotta, ma la ricchezza storica e culturale del suo territorio, se opportunamente rivalutata e fatta conoscere, potrebbe essere la carta vincente con cui accrescerne notorietà e prosperità.